Che poi chissà quando è successo. Intendo il momento esatto in cui a Hollywood hanno deciso che avrebbero affidato il genere horror a registi a cui io avrei dato forse 40 centesimi al semaforo facendo anche un po’ quello scocciato. Ma ormai l’hanno fatto e allora sai che c’è? C’è che te li vedi TU questi filmetti scemi pieni di sangue di cui non mi importa più nulla. Ci vai TU a vedere i fantasmi giapponesi coi capelli davanti alla faccia. Ci vai TU a vedere le ragazzine indemoniate con le pupille rovesciate nel cranio. Ci vai TU a vedere i defunti che fanno bubùsettete servendosi di vigliacchissimi sbalzi di volume. Ma sopratutto, ci vai TU a vedere film che nel titolo infilano parole pigre tipo PARANORMAL e HAUNTING e L’ESORCISMO DI TUA ZIA QUELLA PELATA.

E con questo penso di aver detto già abbastanza sul fatto che il genere horror sia in mano a un ensemble di impostori, finti registi e finti attori, nient’altro che filamenti di DNA schizzati a casaccio dentro sacche di pelle a forma di cretino.
È terribile se ci si pensa. È stupido fare film così. È una cosa talmente stupida da far dubitare dell’umanità di chi la compie.

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A questo punto si potrebbe dire “cosa c’è di strano? Si vede che il genere horror è un genere stupido. Mistero risolto”.
Già, ma che vi piaccia o meno, bisogna ammettere una cosa: i film horror sono delle macchine da soldi mica indifferenti. Costano quanto una Panda Amaranto usata del ’90 e guadagnano più di un palazzinaro romano a San Lorenzo. E poi, non so se vi rendete conto, creare icone che resistano al tempo non è mica semplice. Un’icona è materiale che richiede attenzione, accuratezza, idee chiare e buoni propositi. Freddy Krueger, per esempio. Jason di Venerdì 13, i Cenobiti, la ragazzina di The Ring, Enrico Papi. Certo non è una cosa da Nobel, ma di sicuro è molto, ma molto più impegnativa di quello che fanno le commedie romantiche.

 

Ora, non voglio rattristarvi con la mia sfiducia negli horror moderni, ma più ci ripenso e più mi arrabbio. Quanto sono brutti, inutili e sbagliati?

I film, così come i quadri o i libri, nonostante possano essere banali, inverosimili, splatter o addirittura brutti, parlano e ci parlano. Il cinema è da sempre propaganda e il genere horror è il cavallo di Troia perfetto per impressionare le masse e veicolare messaggi tramite l’uso di icone facilmente riconoscibili.
Il problema è che quando si ha a che fare con il cinema horror si sa, ironia e serietà, ridicolo e senso del ridicolo, buoni propositi e cattiva fede viaggiano spesso sullo stesso binario — solo in direzioni opposte, per schiantarsi a metà strada in un orrendo carnaio di grida, ossa rotte e arti mozzati.
Tutto ‘sto preambolo per dire che ho capito come mai oggi sembra sia impossibile realizzare un horror che abbia lo stesso peso avuto da L’Esorcista nel 1973. Seguitemi.

 

FREUD VS JASON. OVVERO: PERCHÉ GUARDIAMO GLI HORROR

Avere una laurea in psicologia è un piacere che nessuno dovrebbe negarsi, è quella specie di sollievo che deriva dal sentirsi un gradino sopra al resto dell’umanità, non tanto per intelligenza quanto per un pezzo di carta appeso alla parete. Quell’atteggiamento di imperturbabile saccenteria che porta a non stupirsi più di nulla e ad apprezzare tutto ciò che concerne Victor Sjöström. Avere una laurea in psicologia significa saperla un po’ più lunga degli altri, ma senza entrare nei dettagli.

Io la laurea in psicologia non ce l’ho, ma la gente che sto per elencare sì. O forse no, ma è comunque gente che con la psicologia è culo e camicia, gente che può aiutarci a capire, prima di tutto, come mai i film horror riscuotano tanto successo.

The Thing

Per Freud, ad esempio, l’horror è una manifestazione del subconscio che l’ego tenta di reprimere giorno per giorno. Dunque i film horror permettono di rompere gli schemi con la monotonia della quotidianità.

Per Jung le cose stanno più o meno allo stesso modo perché ovviamente Jung è uno mainstream, uno di quelli che devono incasellarsi in schemi sociali ben precisi, che riservano sorprese meno di zero. Una cosa in più però Jung la dice, ovvero che l’horror gioca con gli archetipi dell’inconscio collettivo e che, sotto sotto, abbiamo tutti paura della morte e dell’oscurità. Il resto è contorno. L’horror come strumento di autoanalisi e di approfondimento antropologico – scusate se è poco.

Poi c’è Feshbach che è un tipo pratico e la pensa così: le immagini violente, che siano o meno cariche di significato, sono a priori una buona cosa perché permettono allo spettatore di sfogare la propria aggressività riducendo le probabilità che un individuo agisca assecondando impulsi negativi. Teoria di cui già Aristotele, in tempi non sospetti, si era fatto portavoce asserendo che la tragedia (intesa come genere letterario e/o rappresentazione teatrale) avesse il potere di esorcizzare le emozioni negative del pubblico attraverso un processo d’identificazione con i personaggi definito “catarsi”.

Ma voi siete gente sgamata e queste storielle le conoscerete già. Siete troppo bravi.

 

Passiamo quindi a Sarah Lauro, professoressa della Clemson University che porta a casa lo stipendio – tenetevi forte – studiando il fenomeno della fascinazione verso gli zombie nella cultura occidentale. Pazzesco. Che roba.
Secondo la Lauro i film horror sono lo specchio della precarietà che ci circonda e ‘sti filmetti scemi coi mostri vendono di più quando ci sentiamo più vulnerabili. Attacchi terroristici, crisi delle banche, incertezza lavorativa – queste cose ci spaventano e temiamo tutti per il futuro nostro o per quello dei nostri figli. In un certo senso, è come vivere in un episodio di The Walking Dead: ci sentiamo quotidianamente attaccati da forze che non siamo in grado di combattere in maniera diretta. Quindi creiamo dei simboli, delle icone, per rappresentare il pericolo che minaccia il nostro stile di vita. In altre parole, gli zombie, i fantasmi giapponesi, Enrico Papi, non sono altro che una manifestazione esteriore del nostro panico interiore, un’espressione fisica delle nostre paure astratte.

Qualche esempio per i più scettici:

  • Godzilla (1954) la paura del nucleare;
  • The Lost Boys (1987) la paura dell’AIDS;
  • La notte dei morti viventi (1968) la paura della guerra – in particolare quella del Vietnam;
  • L’alba dei morti viventi (1978) la paura del consumismo;
  • La cosa (1988) la paura dello straniero – in particolare dell’USSR;
  • Shining (1980) la paura degli abusi emotivi e fisici – in particolare come conseguenza all’alcolismo;
  • Alien (1979) la paura dello stupro;
  • Sarabanda (1997) programma televisivo andato in onda sulle reti Mediaset, nel quale Enrico Papi è simbolo della paura degli italiani di essere stupidi.

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La serie inglese Black Mirror è, a detta di molti, l’esempio perfetto di horror moderno. E Black Mirror non è horror, ha semplicemente il coraggio di affrontare temi inquietanti e scenari plausibili, rivolgendosi a un pubblico adulto. Basterebbe allora che l’horror moderno lasciasse un momento da parte le tavolette Ouija per dare un’occhiata alla società nella quale viviamo: terrorismo, tecnologia, solitudine, depressione. La paura dell’abbandono, del rifiuto, del fallimento. La corsa alla celebrità, la sfiducia verso i governi, la dipendenza da pornografia. Gli argomenti non mancano, perché non vengono affrontati?

Ve lo spiego fra poco, giuro. Ma prima dobbiamo parlare di banane… [Ci vediamo domani con la seconda parte. NdR]

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Flavio De Feo

Vive a Roma, dove lavora in qualità di traduttore e interprete. Scrive di musica e film in giro per il web e collabora occasionalmente con alcune testate cartacee. Ha anche un blog: achepianova.tumblr.com.

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4 Comments

  1. i riferimenti ad Enrico Papi sono una chicca :)

  2. Enrico Papi XD.. Lui si che faceva paura!! Comunque pienamente d’accordo, a me è sempre piaciuto il genere horror, però, una volta che ti rendi conto, che le tematiche moderne sono Zombie, poltergeist, esorcismi, e papi..perdi tutto lo stimolo nel guardare cose del genere, che sono banali, scontate, e scopiazzate e anche imbarazzanti direi, da notare, la bambola assassina faceva paura ai piu piccolini, annabelle di adesso fa piu paura ai grandi.. In ogni caso ora, agli horror, preferisco dei bei thriller psicologici, che non mancano di inquietarti quanto basta!!;) grazie per l’articolo, mi son fatto due risate!!

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